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Il mio sogno è, da sempre, un'Italia liberale, liberista e sovranista. E mi ha sempre amareggiato e sorpreso rendermi conto che molti che, in teoria, rappresenterebbero la causa del liberalismo e del sovranismo, non solo non sappiano niente né dell'una né dell'altra teoria, ma che non si rendano minimamente conto che le due definizioni non soltanto non cozzano ma, anzi, si rendano necessarie l'una all'altra.
La parziale soddisfazione è che gli avvenimenti futuri, con una Casa Bianca che è nelle mani di uno dei tanti simboli del capitalismo americano, chiariranno progressivamente questo come ben altri equivoci, con conseguenze che naturalmente fanno starnazzare sia gli statalisti - e questo non stupisce - che soprattutto i liberali all'amatriciana,
convinti che la globalizzazione e libero mercato vadano di pari passo, quando *è esattamente il contrario*.
E' sufficiente un quoziente intellettivo pari a quello di un'ostrica per capire che se in una pista di Formula 1 mettiamo una Cinquecento e una monoposto Ferrari, e a Gennaro Esposito facciamo guidare quest'ultima mentre la prima ad Hamilton, per quanto quest'ultimo possa essere il pilota più vincente della storia, perderà sempre con Gennaro Esposito, per la semplice ragione che dispone di un'auto molto meno potente. E tuttavia, la cosa più ridicola sarebbe dare la colpa ad Hamilton e celebrare Gennaro Esposito come formidabile pilota, come direbbe il commentatore globalista, mentre quello che ne capisce, direbbe che Hamilton non ha l'auto giusta.

Tutto questo ci porta alla rumorosa polemica sorta sui dazi. Che sono un provvedimento mirato a far gareggiare i piloti con una stessa auto, così che vinca il più bravo. Il principio ideologico che li ispira si fonda su una premessa inoppugnabile: se l'impresa di un tuo stato dovrà misurarsi con un concorrente che paga meno tasse o paga molto meno i suoi dipendenti ma offre un prodotto di uguale valore, la tua impresa perderà sempre e comunque. Quando la cosa diventa sistematica, il risultato sarà che interi settori industriali verranno devastati - come è accaduto nel settore tessile a Prato o anche in quello della falegnameria nella costiera sorrentina, entrambi distrutti dai cinesi - e gli stranieri si prenderanno, attraverso le loro aziende, tutta l'economia del nostro paese, che è esattamente il leit-motiv degli ultimi trent'anni.
Naturalmente, nessuno dice che i dazi siano la panacea di tutti i mali, anche perché applicarli richiede una serie di requisiti che non tutti posseggono. L'Italia, per esempio, non ha la filiera da produttore a consumatore di tutti i distretti economici, è un paese povero di materie prime e, soprattutto, è fortemente indebitato. Se si mettesse ad applicare i dazi, rischierebbe che i paesi che ne risultassero più danneggiati reagiscano con pesanti ritorsioni. E dunque, bisogna anzitutto ricostruire i rapporti con quelle nazioni che non hanno problemi di commodities, ed è il caso per esempio della Federazione Russa, ma andrebbe anche riconvertita l'intera struttura industriale di un paese che ha sempre vissuto di esportazione.

Ma perché proprio ora gli Stati Uniti hanno deciso di giocare allo scoperto, avviando questa resa dei conti? Per una ragione semplicissima. Gli americani hanno compreso che il proprio progetto imperialistico - che loro chiamavano "globalizzazione" e che non si è chiuso con Trump (che l'ha solo portato agli estremi) ma è iniziato nel 2009 con la conferenza di Davos - è fallito e si trovano, dunque, oggi a dover rilanciare la propria industria, in base alla presa di coscienza del concetto LIBERALISSIMO che non è possibile mettere nello stesso sistema le imprese del proprio paese e quelle di altre realtà, con leggi diverse. E la cosa non solo è del tutto razionale ma, come spiegato poco sopra, ha radici da una presa di coscienza che è iniziata già con Obama. Dopodiché la differenza è che i Dem non te lo dicono apertamente ma cercano di spolparci con pretesti come l'emergenza climatica e quella pandemica, mentre Trump parla il linguaggio dell'uomo di affari quale è: brutale, schietto, deciso, ai limiti dell'insolenza.
Che poi questo coincida con pesanti rischi per i paesi europei, chi mi legge sa che io di tutta questa roba parlo da quando ho iniziato a scrivere, cioè da ben ventidue anni. Dal lontano 2003 scrivo che bisogna rendersi indipendenti dagli Stati Uniti, che dalla fine della guerra fredda gli americani sono diventati, nella migliore delle ipotesi, un avversario e nella peggiore un nemico, che va abbandonato tutto ciò che è Occidente e stringere legami con la Federazione Russa, che ha un'economia del tutto speculare a quella europea, ossia ricca di materie prime e povera di servizi e dunque non soverchierebbe le nostre. Dal lontano 2003 scrivo che la globalizzazione non è che il nome educato che si dà all'imperialismo americano e che non ha assolutamente niente di liberale perché è come mettere gli squali in una vasca di tonni e salmoni, con esiti facilmente immaginabili.
Trump non è stato eletto presidente del mondo o dell'Occidente ma degli Stati Uniti. E se l'interesse degli americani corrisponde alla distruzione dell'Europa, la colpa è nostra che non abbiamo mai capito - quando avremmo invece dovuto fare proprio questo concetto nei momenti in cui le cose "andavano bene" - che nessuno fa niente per niente, men che meno gli americani, adagiandoci su di loro e
non capendo che di tutti i benefici che ci venivano dati gratis prima o poi ci sarebbe stato presentato un salatissimo conto.

Dopodiché, è possibilissimo che i dazi imposti da Trump falliscano per le più svariate ragioni: il Biondone ha i bottoni del comando ma questo non significa a priori che sappia usarli nel modo giusto, parabola significa che gli americani possano sbagliare nell'applicazione, colpendo magari economie amiche. Ma il principio di fondo è giusto: se devo rilanciare l'economia del mio paese, devo penalizzare quelle aziende che pur offrendo lo stesso prodotto, lo fanno pagare meno perché godono di regole migliori. A meno che qualcuno non sogni per i propri figli un diritto del lavoro copiato da quello cinese o uno stato sociale distrutto. Il libero mercato non significa - e non è mai significato - assenza di leggi e abolizione di uno Stato che funga da garante, anzi è esattamente il contrario.
In questo senso, il primo grande merito dei dazi è aver posto fine a questo equivoco, sperando che poi se ne porti appresso altri, a partire dall'illusione che gli americani abbiano il diritto/dovere di farsi carico del mondo, imponendo i propri valori.
Ma questo dipenderà da quanto sarà bravo Trump a tradurre, nella pratica, idee teoricamente giuste ma che richiedono competenza e misura. Doti che il vecchio Donald, quando vuole, sa tirare fuori.


Franco Marino


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Comments

Appunto!! E le aziende che hanno creduto ai proclami di Trump durante la sua campagna elettorale e invece non hanno creduto ad un ravvedimento, in caso di vittoria, si sono organizzate: implementando i programmi per il controllo dei costi, ricercando alternative nell'approvvigionamento delle forniture e nella destinazione dri prodotti. Ora rimamgono bene in sella!!
In quanto all'Europa...basti pensare a quanti soldi sono stati sperperati in vario modo per il mercato del motore elettrico, basando tutto cioʻ su decisioni di circa 480? (Non ricordo il numero) parlamentari, senza fare adeguate ricerche di mercato!!!
 
Last edited:
Completamente d'accordo. I dissenzienti non lo capiscono e danno addosso a Trump perchè non hanno capito nulla e non spingono per sfruttare questa opportunità per "accantonare" la UE e riavvicinarci alla Russia, non perchè Putin sia il salvatore, ma perchè ci conviene molto, ma molto di più. Non li capisco...
 
I dazi in teoria sono legittimi, ma il cuore del problema è politico, non economico. Gli USA non permetteranno mai un riavvicinamento tra Bruxelles e Mosca (che forse non conviene più neanche a Mosca, che a tal proposito sottoscriverà una clausola segreta e cederà il controllo del NS2 a Washington): hanno fatto una guerra con centinaia di migliaia di morti per disaccoppiarli. Secondo te perché l'attuale amministrazione americana lascia in sella le varie VDL, Metsola e Kallas, gravate da scandali ignobili? Ma ci vogliamo svegliare e uscire una buona volta dal mondo dei fumetti? Sono un profeta di sventura? Lo ero anche quando previdi la vittoria totale di Israele in Medio Oriente.
 


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